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Come cambia la figura del padre nella società di oggi

Padre - figura paterna - Foto di StockSnap da Pixabay - father-2606964_1280

Nel contesto moderno, la visione del padre autoritario si è evoluta verso un modello che valorizza l’ascolto, l’empatia e la partecipazione attiva alla vita dei figli.

Oggi, un padre non è solo una figura di autorità, ma un esempio di equilibrio tra fermezza e comprensione.

Questo il pensiero che ha guidato – a ottobre 2024 – un laboratorio per genitori e figli/e organizzato da ItaliaAdozioni assieme al Centro Studi Interculturali dell’Università degli Studi di Verona e con il patrocinio dell’associazione ProsMedia e della Biblioteca Andrea Porta del Comune di Mezzane di Sotto (Verona).

Il laboratorio si è tenuto nella sala civica della Biblioteca del Comune di Mezzane di Sotto (Verona), che fa parte del Sistema bibliotecario provinciale scaligero.

In La lettera al padre, scelto quest’anno come libro traccia, Franz Kafka descrive il proprio padre come un uomo autoritario e imponente, la cui figura, tanto fisicamente quanto psicologicamente, occupa ogni spazio nella vita del figlio.

Kafka è cresciuto schiacciato da un’immagine paterna fatta di forza e severità, incapace di accogliere le fragilità, e questo lascito ha avuto un impatto duraturo sul suo senso di sé.

Di fronte a un padre che non si mostrava capace di riconoscere e incoraggiare l’individualità del figlio, Kafka sviluppa insicurezze che segneranno ogni fase della sua vita, rendendo difficile perfino la possibilità di pensarsi come marito e padre.

Questa rappresentazione suscita domande universali sui padri:

  • in che modo i nostri padri ci influenzano?
  • come questa eredità emotiva si trasmette da una generazione all’altra?

Comprendere l’impatto delle figure paterne è essenziale per chi oggi vuole costruire una relazione autentica con i propri figli, portando un esempio positivo e responsabile.

Identità e autonomia: costruire se stessi oltre il modello paterno

È difficile svincolarsi dalla figura paterna per costruire la propria identità, ma il compito fondamentale di ogni figlio adulto è proprio questo.

Diventare padre, o più in generale diventare adulti, richiede di liberarsi dallo sguardo del genitore per poter guardare alla propria vita con occhi nuovi, costruendo un’identità autonoma e autentica.

In altre parole, essere adulti significa imparare a valorizzare ciò che abbiamo ricevuto, ma anche a lasciar andare quegli aspetti che non ci permettono di crescere.

La presenza emotiva nella crescita dei figli

Se un padre non ha saputo donare amore, può davvero trasmetterlo ai suoi figli? E forse, più ancora, può un figlio, che non ha conosciuto l’affetto, imparare a dare amore?

Ogni generazione porta il peso dell’eredità della precedente, ma è anche vero che possiamo sempre trasformare questo bagaglio emotivo.

Diventare genitori migliori dei propri genitori non significa rinnegare il passato. Significa trovare la forza di andare oltre i propri limiti per costruire un futuro diverso per i propri figli, fatto di ascolto, affetto e riconoscimento dell’altro.

Ne sono un esempio le testimonianze durante il laboratorio alla biblioteca di Mezzane di Sotto (Verona).

Ne sono uscite figure di padri da ammirare durante l’infanzia perché uomini possenti e tutti di un pezzo.

Le fragilità sono emerse durante l’adolescenza quando il figlio capace di tenere testa al padre ne riscontra le incongruenze. Ciò non ha impedito di diventare comunque genitori amorevoli e congruenti.

Fare o essere padre: oltre il mito della perfezione

Uno degli errori in cui spesso i genitori cadono, come afferma Alberto Pellai (psicologo e psicoterapeuta, Da uomo a padre, 2019), è l’ossessione per il “fare”.

“Ho fatto tutto per te, non ti ho fatto mancare nulla” è una frase che molti figli si sentono ripetere, ma è davvero sufficiente?

Il “fare” deve lasciare spazio all’“essere”, perché un padre presente non è colui che riempie il figlio di oggetti o di attività, ma è colui che sa restare accanto, accogliere le sue fragilità e aiutarlo a esplorare se stesso.

In adolescenza, i figli cercano un padre capace di “stare” nel loro percorso, anche quando questo percorso diventa difficile o conflittuale.

Sostenere il figlio nel confronto e nella sua ribellione è un atto di amore e di presenza che va oltre il bisogno di essere amati dai propri figli.

È in questo periodo che un padre può davvero fare la differenza, aiutando il figlio a comprendere se stesso e a navigare il mondo con fiducia.

C’è una parte della riflessione di Pellai che mi ha un po’ preoccupata.

Il noto psicologo sottolinea come i ragazzi adolescenti maschi, senza una figura paterna di riferimento, possano cercare dei surrogati in adulti ai loro occhi forti, ma anche dall’etica discutibile.

Il fare è un tema ricorrente nei giovani, che è uscito anche nel confronto genitori e figli, è un fare per avere soldi.

Vedono gli adulti in affanno, alla continua ricerca di benessere. Sempre di più cose materiali, sempre meno tempo di qualità per la famiglia.

L’importanza dei limiti e del “no”: una guida per crescere

Nel tempo della libertà senza confini, dove tutto sembra a portata di mano, il compito del padre è ricordare che nella vita esistono anche dei limiti.

Secondo Massimo Recalacati (filosofo, libro Cosa resta del padre? La paternità nell’epoca ipermoderna, 2010), il buon padre non è quello che asseconda ogni desiderio del figlio, ma è quello che sa dire “no” quando è necessario, trasmettendo il concetto che non possiamo avere tutto.

Questo non solo insegna a gestire le delusioni, ma incoraggia anche a cercare un significato più profondo nella propria esistenza.

Saper dire “no” non significa negare l’affetto, ma significa fare dono di un’esperienza che aiuterà il figlio a crescere come persona.

Saper dire no è difficile; e talvolta non si ha la forza psicologica per sostenere le richieste martellanti del figlio.

Pur essendo tutti d’accordo che la forza psicologica è il nucleo su cui poggia l’autorevolezza di un padre, un papà ha anche ammesso che non è poi male poter godere di una struttura fisica possente, soprattutto se si ha a che fare con figli maschi.

Questa a me pare un’osservazione interessante per riflettere sugli abbinamenti (in adozione) con bambini grandi: genitori sempre più anziani e sempre meno prestanti fisicamente, non aiutano a tessere una relazione alla pari con ragazzi esuberanti ed entranti ben presto nell’adolescenza. 

Valori e saggezza: la staffetta tra generazioni

Essere padre oggi significa anche trasmettere ciò che si è appreso dalla propria esperienza, senza cadere nella trappola di pensare che la perfezione sia l’unico risultato possibile.

Come suggerisce Pellai, non esistono ricette perfette per la vita, ma ci sono valori, lezioni ed esperienze che un padre può condividere, in modo che il figlio, sulle orme del padre, possa percorrere la propria strada e costruire qualcosa di nuovo.

Questo è il senso della staffetta generazionale: non si tratta di ripetere il passato, ma di raccogliere ciò che è stato prezioso e trasmetterlo, affinché le nuove generazioni possano trovare il loro percorso.

I figli crescono osservando i comportamenti dei genitori e imparano da essi, sviluppando una propria visione del mondo.

La figura paterna, in particolare, rappresenta una guida per la costruzione dell’identità morale e sociale dei figli.

La capacità di trasmettere valori positivi, come il rispetto, la lealtà e la perseveranza, diventa una risorsa fondamentale per i figli.

Questo vale in particolare per quei figli che sanno cosa hanno lasciato per abbracciare una diversa esperienza familiare.

Significativo è stato l’intervento di una figlia che – ricordando il papà scomparso da qualche anno – gli ha riconosciuto il valore di averla aiutata a guardare alla vita con uno sguardo altro.

“La mamma è la mamma. Il papà è quello che ti fa guardare il mondo con occhi diversi e ti porta al di fuori delle quattro mura di casa”.

Il ruolo della madre nei confronti del padre

A questo punto un papà interviene e chiede: “In questa relazione Kafka – padre, che ruolo ha sua madre?”. Che può essere tradotta in un generale: che ruolo hanno le compagne?

L’opera di Kafka riflette una dinamica familiare in cui il padre esercita una dominanza assoluta, mentre la madre è relegata a un ruolo secondario e di consolazione.

Questo tipo di struttura familiare, caratteristica dell’epoca, è stata superata nella maggior parte delle famiglie moderne, dove entrambi i genitori partecipano attivamente alla crescita dei figli.

La figura materna e quella paterna non sono più limitate a funzioni fisse, ma diventano ruoli flessibili e intercambiabili, in grado di adattarsi e supportarsi reciprocamente. Ma è davvero così?

Secondo Pellai e Recalcati, l’evoluzione della figura paterna richiede un attivo supporto e riconoscimento del ruolo del padre da parte della madre.

In questo contesto, la madre non è solo colei che “supporta”: è anche una figura che aiuta a stabilire un equilibrio tra i genitori, contribuendo a introdurre il bambino alla presenza della “legge” paterna.

Questa “legge” non dovrebbe però, come accade nel caso del padre di Kafka, schiacciare il desiderio e la curiosità del figlio, ma piuttosto sostenerli e moderarli in modo sano.

La madre diventa quindi una figura di scambio e di raccordo, garantendo che la presenza paterna venga recepita come guida; e non come controllo eccessivo o come forza autoritaria cieca.

La figura paterna, quindi, è fondamentale per aiutare i figli a sviluppare un’identità autonoma, separandosi dalla madre in modo sano e costruttivo.

Allo stesso tempo, la madre è chiamata a mantenere la propria identità e a non “divorarsi” nel legame madre-figlio, un concetto che Recalcati descrive come “madre coccodrillo”.

La madre, quindi, non dovrebbe essere solo una figura di conforto, ma una guida equilibrata, che preserva il proprio ruolo di donna anche al di fuori della maternità.

Amare significa riconoscere e accogliere

Infine, il cuore dell’essere genitori sta nel riconoscimento e nell’amore incondizionato verso il figlio.

Come scrive Recalcati, l’amore non si limita a un legame biologico, ma è un atto di riconoscimento e accettazione.

Amare un figlio significa accoglierlo per ciò che è, anche nelle sue imperfezioni e nei suoi fallimenti.

Questo amore deve essere rinnovato ogni giorno, come un impegno quotidiano verso il figlio e verso se stessi.

Proprio su questo filone, Recalcati aggiunge che siamo tutti figli adottati perché un figlio diventa figlio non necessariamente subito dopo la nascita. Diventa figlio quando un padre ti riconosce nel suo nome; e ti inserisce nella sua storia familiare.

In questo modo, si giunge all’importanza di un modello paterno che trova la propria espressione nel coraggio emotivo, nella responsabilità e nella presenza autentica e amorevole. Oltre che nella trasmissione del nome.

Essere padre oggi: una sfida per il futuro

Essere padre oggi richiede una riflessione costante su come influenzare positivamente la vita dei figli.

Nel contesto odierno, caratterizzato da sfide sociali e culturali complesse, i genitori hanno la responsabilità di preparare i figli a vivere in un mondo in continua evoluzione.

Essere un buon padre non significa avere tutte le risposte, ma implica il desiderio di crescere e migliorarsi insieme ai propri figli.

Il percorso della genitorialità è un’opportunità unica per imparare a comprendere meglio se stessi; e il mondo che ci circonda. E a farlo costruendo un’eredità emotiva positiva per le generazioni future.

Fa riflettere il fatto che le ragazze – intervenute al laboratorio sulla figura del padre – avessero un’opinione critica sul genere maschile – partendo da un appunto ai propri padri per arrivare ai loro coetanei.

Di qui, la sottolineatura dell’instabilità delle coppie di oggi; e la difficoltà di mettere al mondo figli in ambienti così mutevoli.

I papà presenti al laboratorio si sono interrogati sull’essere all’altezza del ruolo.

Ricordo sempre con simpatia quel papà che nel libro Cara Adozione così si esprimeva: “Mi chiedo se riuscirò a far fronte ai vostri mutamenti, alle vostre esigenze, al vostro essere; se saprò accettarvi così come siete, ed anzi proprio perché siete così”.

E così proseguiva, quel papà: “Diciamo che ultimamente non ne sono più troppo sicuro, non sono sicuro che la paternità sia cosa per me, prendo ogni difficoltà troppo sul serio….”

Auguro a questo papà di aver intercettato i bisogni dei suoi tre figli maschi, ma soprattutto di essere arrivato alla conclusione che non è la perfezione l’obiettivo.

Si fa quel che si può, con gli strumenti che si hanno, nel realizzare la figura del padre come quella della madre. La vita farà il resto.

Roberta Cellore

  • Roberta Cellore è la curatrice dei libri Cara Adozione (2016) e Cara Adozione 2 (2022) editi da ItaliaAdozioni. Puoi trovare i libri sul sito di ITALIAADOZIONI

(Foto di copertina: StockSnap, da Pixabay)

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