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“House of Guinness”. Da Netflix alla comunicazione aziendale della birra rossa

House of Guinness, logo, comunicazione aziendale e pubblicità

Note amare di caffè tostato e dolci sentori di cioccolato racchiusi in un bicchiere rosso rubino, coronato da una schiuma cremosa. È ciò che si assapora bevendo la birra scura più famosa al mondo: la Guinness.

Nel 2025, con il lancio su Netflix di House of Guinness, il marchio è tornato sotto i riflettori, risvegliando l’interesse anche per la sua comunicazione aziendale.

Nella serie in costume, infatti, tra i drammi familiari, il regista Steven Knight infila le origini del brand e le scelte che hanno trasformato un birrificio di Dublino in un colosso globale. 

Il marchio irlandese diventa così un caso studio televisivo: un esempio di come si costruisce un impero attraverso una strategia di branding visionaria, capace di fondere identità nazionale, innovazione visiva e storytelling audace.

“HOUSE OF GUINNESS”: NETFLIX INCONTRA IL BRAND

House of Guinness (Netflix) è un dramma storico basato su fatti reali, creato da Steven Knight, il genio dietro Peaky Blinders.

La serie ci trasporta nella Dublino del 1868, all’indomani della morte di Sir Benjamin Guinness, quando il suo testamento scatena una tempesta improvvisa.

Il birrificio e un’enorme fortuna (circa 162 milioni di dollari di oggi) vengono infatti affidati a solo due dei suoi quattro figli. 

Arthur (Anthony Boyle) ed Edward (Louis Partridge) vengono così vincolati in una “custodia congiunta”, mentre Anne (Emily Fairn) e Ben (Fionn O’Shea) rimangono a mani vuote.

Sullo sfondo, la città è inoltre attraversata da tensioni religiose e politiche: i protestanti e i Feniani cattolici si scontrano, accusando i Guinness di essere troppo vicini alla Corona britannica.

Insomma, la serie è un dramma stuzzicante, una saga familiare che tiene incollati al televisore: perché però dovrebbe interessare chi lavora nella comunicazione? 

Perché dietro i quattro stravaganti rampolli dell’azienda si nascondono le prime, cruciali decisioni di branding che porteranno Guinness a diventare il più grande birrificio del mondo. 

Un successo guidato da un grande talento imprenditoriale: una qualità che non si eredita — o forse sì? — ma che si conquista con sudore. 

La strategia di comunicazione di Guinness: un’eroica Irlanda

Audace. Fin dalle origini, Guinness ha dimostrato di essere un brand coraggioso, attento alla qualità del prodotto e improntato all’innovazione.

L’analisi della sua comunicazione rivela però anche un’altra immagine: quella di un’azienda ancorata alle radici nazionali, capace di trasformare valori sociali e filantropici in una narrazione di marca coerente.

Valori che, nel tempo, hanno assicurato al brand un posto d’onore nella storia irlandese.

L’arpa celtica: da simbolo nazionale a logo con fama mondiale

Passaporti, monete, università, proverbi. In Irlanda tutto parla attraverso un simbolo: l’arpa celtica.

È stato Brian Boru — primo sovrano dell’Irlanda unita (1002 al 1014) — a rendere lo strumento musicale un emblema nazionale. Da allora, l’arpa è rimasta un vessillo di indipendenza e orgoglio.

Dal Medioevo all’epoca vittoriana, gli irlandesi non hanno infatti mai smesso di usare questo simbolo.

Nel 1862, immersa nelle tensioni del Paese — protestanti contro cattolici, lealtà britannica contro indipendenza irlandese — Guinness attua dunque una mossa geniale: adotta l’arpa come logo ufficiale.

Il nuovo simbolo della birra scura è vincente. L’arpa è cultura, arte, storia e mito d’Irlanda: è il suo sangue celtico.

Dopo 14 anni, nel 1876, il marchio viene infine registrato. 

Il risultato? Quando nel 1922 nasce lo Stato Libero d’Irlanda, il governo è costretto a invertire la direzione della propria arpa per distinguersi dal logo della birra scura: un paradosso che dimostra la potenza del brand.

STORIA DEL LOGO GUINNESS 

Un logo non è quasi mai un’entità statica: evolve preservando la propria essenza, in un equilibrio costante tra eredità storica e linguaggio contemporaneo. 

Nel tempo, anche l’arpa di Guinness ha attraversato molte trasformazioni.

Dall’abbondanza decorativa delle origini, infatti, il logo è passato a un design più pulito, moderno, minimale. Un’estetica essenziale — forse troppo.

📜 Evoluzione del logo Guinness

  • 1955 — I colori vengono invertiti: bianco su sfondo nero. Scompare la dicitura “trademark”.
  • 1968 — Il designer Gerry Barney riduce le corde a nove e elimina i dettagli ornamentali, in un’operazione di estrema sintesi visiva.
  • 2005 — Lo stesso Barney raffina il design, rendendolo più armonico e contemporaneo.

IL BRAND REFRESH CATTURA L’ANIMA ORIGINALE

Più di recente, lo studio Design Bridge ha raccolto una sfida: «dare nuova vita all’arpa» con un’operazione di brand refresh che conciliasse artigianalità, modernità e storia. 

Collaborando con i maestri liutai Niebisch & Tree, il team è riuscito nell’impresa, recuperando dettagli significativi del passato:

  • il nuovo lettering “Guinness” si ispira alle memorabili campagne pubblicitarie di John Gilroy degli anni Trenta, un tributo all’epoca d’oro della pubblicità del marchio;
  • il carattere tipografico usato per “Est.1759” risale invece ai vecchi timbri sulle botti di rovere e ferro battuto;
  • le linee fluide evocano infine le acque del fiume Liffey, che attraversa Dublino.

Sono invece stati abbandonati gli stilemi celtici, per sottolineare la dimensione globale del marchio: un ponte tra culture diverse.

Alla fine, in questo lavoro tra continuità e innovazione, Guinness ha ritrovato la sua anima: un compito da dieci e lode. 

La pubblicità visiva di Guinness: qualità come mandato

Per quasi due secoli, Guinness non fa pubblicità. Zero annunci. Zero campagne.

La filosofia era infatti semplice: lasciare che fosse “la birra a parlare”.

Nel 1929, la famiglia cambia però rotta, con una condizione ferrea: la qualità della pubblicità doveva eguagliare quella della birra.

Il primo annuncio appare quindi già nel febbraio di quell’anno: sulla stampa britannica, fa capolino lo slogan “Guinness is Good for You”. Semplice, diretto, memorabile.

Ma è tra gli anni Trenta e Sessanta che accade la vera magia.

John Gilroy - Guinness pubblicità aziendale
Foto di tomdz (Flickr, licenza CC BY-SA 2.0)

JOHN GILROY: L’ARTISTA DIETRO GUINNESS

John Gilroy è il nome che ogni professionista della comunicazione dovrebbe conoscere. 

Artista e pittore poliedrico, Gilroy dedica tre decenni a creare le campagne più iconiche del marchio.

È lui per esempio a inventare personaggi indimenticabili, come il simpatico tucano, lo struzzo bevitore di stout e il leone marino equilibrista.

Quest’ultima immagine ha dato vita alla celebre campagna “My Goodness, My Guinness”, diventata un’istituzione nel campo pubblicitario.

E, a distanza di decenni, l’arte di Gilroy continua a funzionare, soprattutto grazie a tre ingredienti:

  • umorismo visivo distintivo: animali antropomorfizzati che creano un immaginario unico e riconoscibile;
  • qualità artistica impeccabile: ogni manifesto è un’opera d’arte da appendere sul muro di casa;
  • coerenza narrativa: un messaggio centrale — Guinness è una birra straordinaria — presente in tutte le campagne. 

Un design intelligente che non è invecchiato di un solo giorno.

Guinness nel XXI secolo: storie di “Made of More”

Negli ultimi decenni, Guinness ha affinato la propria comunicazione mantenendo una coerenza di fondo: raccontare storie di carattere, tenacia e spirito indomito.

Ne è un esempio la campagna “The Sapeurs (2014)”, che celebra un gruppo di gentiluomini di Brazzaville (Repubblica del Congo), noti per il loro stile impeccabile e il profondo rispetto reciproco.

Il messaggio è quindi chiaro: non è l’abito che fa l’uomo, ma il valore dell’uomo che indossa quell’abito. Una dichiarazione d’intenti contro i pregiudizi razziali e le umili origini.

Altrettanto significativa è la campagna “Made of More” sulla storia «delle Liberty Fields, la prima squadra di rugby femminile giapponese» che ha sfidato la società (maschilista) per seguire il suo sogno.

Un altro esempio, quindi, dei valori che animano il marchio di Dublino e di storytelling digitale svolto a regola d’arte.

UN TONE OF VOICE EROICO

Le ultime campagne dell’azienda incarnano alla perfezione il suo tono di voce. Un messaggio che si distingue per essere:

  • eroico senza risultare pomposo,
  • inclusivo,
  • e radicato in valori umani universali come giustizia, libertà e rispetto.

Nei suoi annunci, inoltre, Guinness non parla quasi mai di birra. Racconta invece le persone che la bevono. O meglio: il tipo di persona che incarna i valori del marchio.

Una narrazione empatica che conquista il cuore dei consumatori.

Cosa possiamo imparare da Guinness: lezione di branding 

L’identità è una maratona, non uno sprint.
Dal 1862 a oggi l’arpa è rimasta il cuore del brand. Evoluta e raffinata, ma mai abbandonata.

Il simbolismo culturale conta.
L’arpa, simbolo nazionale irlandese, ha radicato Guinness nell’immaginario come “la birra dell’Irlanda”.

La qualità della comunicazione è la qualità del prodotto.
Per la famiglia Guinness, pubblicità e birra dovevano avere lo stesso standard qualitativo: eccellenza.

Lo storytelling batte sempre il product placement.
Guinness racconta persone straordinarie, non solo prodotti. È la base di ogni narrazione efficace.

Saper evolvere senza tradire l’essenza.
Dal tucano ai Sapeurs del Congo, Guinness ha cambiato volto senza mai smarrire il suo spirito autentico.

Dalla Dublino dell’800 al branding contemporaneo della stout 

La serie Netflix House of Guinness (2025) ci ricorda alla fine che i grandi brand non nascono per caso: nascono da decisioni strategiche consapevoli, visioni audaci e un’attenzione maniacale ai dettagli.

Guardando il dramma tv, possiamo inoltre riconoscere nelle lotte e nelle ambizioni dei Guinness ottocenteschi lo stesso spirito che anima ancora oggi il marchio:

  • la capacità di trasformare una birra in un mito,
  • un prodotto in un’identità nazionale,
  • un’azienda familiare in un impero globale attento alle persone.

Non è solo una questione di fortuna, alla fine. È una questione di strategia, intelligenza e della ricetta giusta in tasca.

Anna Ceroni

“House of Guinness”: trailer della serie Netflix

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