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Longevity Economy. Occasione per una nuova comunicazione

Longevity Economy - Comunicazione - Photo Timon-Studler-ABGaVhJxwDQ-Unsplash

C’è un nuovo target che ci porta a rivedere alcune abitudini della comunicazione. È il target della Longevity Economy.

Immagina, quindi, di dover ridefinire la tua media strategy. E di scoprire che il pubblico più influente (e redditizio) non sono i millennials o la Gen Z.

È invece una generazione che fino a ieri consideravi in via di estinzione, dal punto di vista commerciale: la generazione che va dai 50 anni d’età in su.

Benvenuto allora nella Longevity Economy, il fenomeno che sta ribaltando ogni certezza consolidata nel mondo della comunicazione e del marketing.

Non parlo di una nicchia demografica, ma di una vera e propria rivoluzione economica: 45 trilioni di dollari di Pil globale nel 2020, destinati a raddoppiare entro il 2050.

Se fosse una nazione, la Longevity Economy sarebbe la seconda economia mondiale dopo gli Stati Uniti. È un mondo, un pubblico e un mercato che non possiamo più permetterci di ignorare o, peggio ancora, di fraintendere.

Il cambio della comunicazione

Il cambiare certi modi di comunicare riguarda tutti. Riguarda noi giornalisti, che siamo chiamati a tener conto di una fetta di pubblica opinione dal forte potere valoriale, dalla passione politica e dall’interesse per il futuro.

Riguarda i social media manager, che sono chiamati a usare un linguaggio, mezzi di comunicazione e forme espressive che non possono ignorare la fascia di pubblico over-50.

Riguarda gli addetti al marketing, nelle loro strategie di studio dei target, nel modo di coinvolgere i target; e nell’uso degli strumenti e dei contenuti per parlare in modo efficace (dopo aver ascoltato) al pubblico della Longevity Economy.

Il grande equivoco generazionale

Per decenni, l’industria della comunicazione – a cominciare dallo stesso giornalismo – ha operato con un bias cognitivo profondo: associare “giovane” a “redditizio” e “anziano” a “marginale”.

È un errore strategico, che oggi costa miliardi di opportunità perse. La realtà dei numeri racconta una storia assau diversa.

La popolazione over-50 controlla circa l’80% del patrimonio netto aggregato negli Stati Uniti, con una ricchezza media per famiglia di 765.000 dollari contro i 225.000 delle famiglie più giovani.

In Italia, questo segmento genera il 67,7% della spesa totale, il dato più alto al mondo.

Non stiamo parlando di consumatori di sussistenza, ma dei veri protagonisti dell’economia dei consumi. È come aver ignorato per anni il pubblico che sedeva in prima fila, concentrandosi su quello in fondo alla sala.

La Longevity Economy non è il futuro: è il presente che abbiamo sottovalutato.

Capire a fondo il pubblico “silver”

Chi sono davveri questi cittadini/e, lettrici e lettori, consumatrici e consumatori che sfuggono ai nostri radar tradizionali?

La prima lezione da imparare è che l’età anagrafica è il peggiore degli indicatori per comprendere questo target.

La segmentazione demografica classica qui non funziona: esistono settantenni più digitalmente nativi di alcuni trentenni; e ci sono cinquantenni con comportamenti di acquisto più conservativi di ottantenni.

Il loro customer journey ha caratteristiche uniche che richiedono una strategia di comunicazione da ripensare, rispetto alle vecchie abitudini.

Gli over-50 dedicano più tempo alla fase di ricerca, confrontano in modo sistematico le alternative, privilegiano le raccomandazioni peer-to-peer rispetto agli influencer tradizionali.

È un pubblico che “mastica” l’informazione prima di deglutire l’acquisto.

La loro relazione con i brand si basa su fiducia costruita nel tempo, piuttosto che su impulsi momentanei. Una volta conquistati, mostrano una fedeltà che le generazioni più giovani non conoscono.

Tuttavia, per conquistare quelli della Longevity Economy, bisogna parlare la loro lingua: quella della sostanza, della qualità, del valore autentico.

La rivoluzione silenziosa del digital

Uno dei miti più pericolosi da sfatare riguarda la loro presunta tecnofobia degli over-50.

Il 71% va online ogni giorno. Il 33% usa i social media, con una crescita dell’adozione digitale del 150% negli ultimi anni.

Non sono nativi digitali, ma sono diventati cittadini digitali per scelta e necessità.

Tuttavia, il loro comportamento online ha codici diversi. Preferiscono piattaforme consolidate come Facebook e YouTube a TikTok (anche se l’8% degli over-55 è già presente).

Apprezzano contenuti educativi e informativi più che virali e superficiali. La loro attenzione online è più selettiva ma più profonda.

Per una comunicatrice e un comunicatore, significa ripensare del tutto il content marketing: meno quantità, più qualità. Meno viral, più valore.

È la differenza tra un fuoco d’artificio e una brace che scalda a lungo.

I settori che riscrivono il mercato

La Longevity Economy non è uniforme. Si articola, invece, in settori specifici che offrono opportunità straordinarie per chi sa leggerli.

Il wellness e healthcare rappresentano – per chi fa markerting – un mercato da 480 miliardi di dollari. E cresce ogni anno del 5-10%.

Non parliamo solo di Medicina: è un ecosistema che va dalla telemedicina ai dispositivi indossabili, dalla nutrizione personalizzata ai programmi di active aging.

L’AgeTech passerà da mille miliardi nel 2022 a oltre 2mila miliardi di dollari entro il 2025.

Il settore immobiliare e housing vede trasformazioni radicali con la preferenza per l’aging-in-place. In Italia rappresenta il 48,7% della spesa mensile degli over 50.

Non sono richieste case di riposo, ma case intelligenti che si adattano alle esigenze che cambiano. Gli over 50 sono spesso in salute e vogliono vivere in autonomia, coltivando le relazioni sociali e avendo una vita piena.

Il turismo over-50 ridefinisce lo stesso concetto di viaggio: non più mordi-e-fuggi, ma esperienze immersive e autentiche. Budget elevati, tempi dilatati, aspettative qualitative superiori.

Tutto il mondo della comunicazione – dal giornalismo al marketing, dalla gestione dei social al blogging – deve tenere conto di questi interessi. E di queste trasformazioni.

Nuove regole per la comunicazione

Per comunicatrici, comunicatori e marketers, la Longevity Economy impone un nuovo paradigma strategico.

Il values-based marketing sostituisce l’age-based marketing: non più “prodotti e servizi per anziani”, ma soluzioni che risolvono problemi universali con un occhio particolare alle esigenze specifiche degli over 50.

L’approccio multigenerazionale diventa cruciale: i migliori prodotti per senior spesso diventano mainstream.

La narrazione deve evitare il linguaggio dell’esclusione (“anti-aging”) per abbracciare quello dell’empowerment (“pro-aging”).

Non più declino da nascondere, ma evoluzione da celebrare. Non più limiti da compensare, ma potenzialità da esprimere.

Gli over-50, insomma, hanno un futuro davanti. E non si accontentano, quando ad esempio sono in pensione, di stare fermi ad osservare il mondo che si muove: vogliono essere protagonisti del movimento.

Errori e opportunità da cogliere

Il primo errore è l’ageism comunicativo: rappresentare questo target attraverso stereotipi antiquati. Niente più nonnetti sorridenti con i nipotini; o pensionati sulla panchina del parco.

Questi consumatori over-50 sono attivi, esigenti, informati, digitali.

Il secondo errore è il paternalismo: comunicare “per” loro invece che “con” loro. Sono consumatori che vogliono essere rispettati per la loro competenza ed esperienza, non compatiti per la loro età.

L’opportunità è enorme per chi sa coglierla: posizionarsi come leader di pensiero nella Longevity Economy, attraverso ricerca, contenuti di valore, partnership strategiche. Partecipare al dibattito, non limitarsi a vendere.

Il futuro è già qui

La Longevity Economy non è una tendenza emergente. È una realtà consolidata che cresce senza soste: cresce a livello economico, cresce a livello sociale e cresce a livello politico.

Entro il 2050, gli over-50 saranno 3,2 miliardi nel mondo. Ignorarli oggi significa perdere il treno del futuro.

Per professionisti e professioniste della comunicazione, del marketing e del giornalismo, questo fenomeno rappresenta sia una sfida che un’opportunità straordinaria.

Chi saprà decodificare questa audience, parlare la sua lingua, rispondere alle sue esigenze, accederà a mercati in crescita continua. E impietosa.

Quello che, poi, più conta è che la Longevity Economy – per chi suona i tasti più empatici della comunicazione – consente di attivare relazioni durature con consumatori fedeli e redditizi.

La Longevity Economy ci insegna che in questa fase storica, il vero vantaggio competitivo potrebbe venire dalla saggezza di guardare oltre le mode del momento, per concentrarsi sui trend strutturali.

E non c’è trend più strutturale dell’invecchiamento demografico.

Il futuro della comunicazione non sarà determinato dalla velocità con cui inseguiamo l’ultimo social network, ma dalla profondità.

La profondità è quella che – come giornlisti, addette alla comunicazione e marketer – ci consente di comprendere e servire una generazione di over-50 che ha il tempo, i mezzi e la voglia di scegliere con cura chi merita la sua fiducia.

La domanda non è se la Longevity Economy ci cambierà, ma se sapremo cambiare in modo abbastanza veloce e, soprattutto, convinto e profondo, con un obiettivo: non perdere un’occasione irripetibile. Il conto alla rovesca è già cominciato.

Maurizio F. Corte
(Per la ricerca l’autore ha utilizzato Perplexity, modello di IA generativa)

  • Maurizio F. Corte, giornalista professionista, scrittore per i media e media educator, è docente a contratto di Comunicazione Interculturale nei Media al Centro Studi Interculturali dell’Università di Verona e coordinatore didattico del Master in Intercultural Competence and Management
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