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Radici e identità. Alla ricerca del tassello mancante

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Siamo tutti, in fondo, detective della nostra stessa vita.

Fin dalla nascita, tessiamo la tela della nostra esistenza cercando di mettere insieme i puntini tra passato e presente: un processo che, se risolto, ci permette di entrare nell’età adulta ben saldi.

La costruzione dell’identità è, in questo senso, un tema universale, la necessità intrinseca di comprendere “Chi sono io? Da dove vengo?”.

Per gli adulti adottati questa ricerca è costellata di vuoti più profondi, dove l’oggettività del dato è solo una parte e talvolta la memoria archivia nel modo sbagliato.

Partendo dalle esperienze delle famiglie adottive, possiamo comprendere con maggiore profondità cosa significhi ricercare le origini. E come il bisogno di trovare il tassello mancante non sia un atto di rifiuto verso il presente, ma piuttosto una necessità per fare pace con se stessi e con il proprio passato.

L’ispirazione per riflettere su questo tema nasce dal libro di Maria Grazia Calandrone, Dove non mi hai portata, che testimonia un percorso intenso di ricerca interiore ed esteriore.

Dare un volto alle ombre del passato

Per gli adulti adottati, il desiderio di cercare scatta spesso in momenti cruciali della vita – matrimonio, genitorialità, lutto, malattie.

Può tuttavia essere guidato da motivazioni profonde come la curiosità, la necessità di raccogliere informazioni mancanti (indipendentemente dall’atmosfera familiare) e il bisogno di sapere a chi si somiglia.

Chi intraprende questo percorso è spesso mosso dall’urgenza di dare una spiegazione a ricordi offuscati dal tempo.

G., ad esempio, adottato da piccolo e cresciuto con i genitori biologici come “ombre”, ha intrapreso tre viaggi nel suo paese natale. J., la cui ricerca è iniziata dopo la perdita della madre adottiva, è riuscito a incontrare la madre biologica e, dopo quell’incontro, ha affermato di essersi riappacificato dentro.

Tuttavia, questo percorso è tutt’altro che semplice.

S., adottato a 10 anni, nel suo primo viaggio di ritorno è partito ancora “incazzato con la vita”, cercando risposte che non ha trovato. Tornò a casa senza aver risolto nulla, cadendo in cattive compagnie e uso di sostanze stupefacenti.

Questo ci insegna che non basta la ricerca esterna, ma serve la rielaborazione interna e l’atteggiamento giusto.

Contestualizzare significa capire

Quando la nostra memoria fissa una versione soggettiva dei fatti, senza contestualizzarla, rischiamo di diventare prigionieri del nostro passato.

Questo rischia di rendere impossibile ogni processo di comprensione e perdono. Ed è un punto che accomuna ogni storia di origine, adottiva e non.

L’esperienza della scrittrice Maria Grazia Calandrone è illuminante in questo senso.

La sua meticolosa indagine sulle origini — quasi da detective, attraverso documenti e articoli di giornale — le ha permesso di comprendere che l’abbandono subìto non fu un atto di rifiuto, ma un atto d’amore estremo e lucido.

I suoi genitori biologici cercarono di salvarla da una vita di miseria e clandestinità.

I suoi genitori erano infatti schiacciati da un’Italia, del secondo dopoguerra, arretrata e piena di regole coercitive che rendevano la loro relazione un reato penale (adulterio e concubinato), 

Inizialmente, l’autrice aveva giudicato i suoi genitori come “deboli”.

Attraverso la comprensione profonda del contesto storico e sociale, quel giudizio si è rovesciato: il suicidio è stato compreso come l’unico atto di libertà rimasto loro, e la madre è diventata ai suoi occhi una donna forte e vitale che ha lottato fino all’ultimo.

Il libro Dove non mi hai portata si trasforma così in un atto d’amore assoluto che salva la madre attraverso le parole della figlia, donandole dignità.

Il perdono

La ricerca della verità si trasforma, dunque, in un processo di profonda comprensione e ricongiunzione emotiva.

Il perdono è un tema fondamentale.

R, adottato da piccolo, ha espresso un concetto di estrema saggezza: “Ad un certo punto bisogna capire che questi genitori adottivi hanno fatto quello che hanno potuto…. Bisogna accettare e perdonare, così si riesce a riappacificarsi”.

Non sempre ci sono risposte valide, ma è l’accettazione che porta alla serenità.

Questa riconciliazione richiede un grande sforzo psicologico e, spesso, il supporto pratico ed emotivo della famiglia adottiva.

S. lo ha imparato sulla sua pelle: il suo secondo viaggio, quello risolutivo, è stato intrapreso con un atteggiamento diverso e, soprattutto, con l’accompagnamento del padre adottivo Federico.

Federico ha raccontato l’emozione fortissima provata quando S. ha potuto presentare al padre biologico il padre che lo aveva cresciuto.

Per i genitori adottivi, questo momento è una prova d’amore. Come ha detto il padre adottivo di S., si sentiva grato che il figlio gli avesse chiesto di accompagnarlo.

Non bisogna avere paura se i figli desiderano tornare, anzi, i genitori dovrebbero essere felici perché i figli stanno trovando la strada per trovare la pace dentro se stessi.

Cosa dovrebbero capire genitori e insegnanti?

Insegnanti e genitori, che hanno un ruolo fondamentale nel supportare la crescita e la costruzione dell’identità, devono comprendere che il desiderio di sapere è universale.

Per i ragazzi adottati, la ricerca scatta spesso in momenti cruciali della vita. Non è solo la necessità di raccogliere informazioni mancanti, ma anche il bisogno di sapere a chi si somiglia, o la necessità di sanare le tematiche dolorose irrisolte.

Ai genitori adottivi va ricordato che molti ragazzi non cercano per paura di ferirli.

La mancanza di supporto pratico ed emotivo è un motivo per cui la ricerca non viene intrapresa. In questo senso i genitori devono parlare di questo timore con i loro figli, per superare l’impedimento.

I genitori adottivi devono essere felici se i figli desiderano tornare a cercare. Non devono temere un rifiuto, ma sentirsi grati se vengono inclusi in questo momento emozionale.

A ciò si aggiunga che lo stesso processo di rielaborazione, poi, richiede sforzi psicologici importanti. E questo è un dato di fatto da tener presente, da parte degli insegnanti che hanno a che fare con adolescenti all’apparenza indolenti.

Che cosa consigliare ai ragazzi e alle ragazze che intendono cercare i genitori biologici e ai genitori adottivi che li accompagnano?

Ecco alcuni consigli per i ragazzi e le ragazze che cercano:

  • Sospendere il giudizio: non sappiamo chi incontreremo e quale è stata la sua storia. Certe decisioni pesano tutta la vita.
  • La ricerca non è sempre fisica; può e deve essere un viaggio interiore. È necessario lavorare molto su se stessi, per buttare fuori e liberarsi del dolore. Bisogna inoltre tenere conto che ogni ragazzo ha una valigia diversa, chi ha più ricordi chi non ne ha nessuno.
  • Non conviene fermarsi troppo sul passato, ma vivere nel presente, vivendolo al meglio.

Consigli per i genitori adottivi che accompagnano i propri figli:

  • È essenziale fornire supporto pratico ed emotivo ai figli per aiutarli nell’elaborazione psicologica. Il viaggio genera emozioni fortissime. I genitori devono prepararsi ad accogliere l’impatto emotivo degli incontri sui figli e cercare di condividere queste emozioni, anche se ciò non è sempre possibile.
  • È cruciale aiutare i figli quando hanno una visione troppo negativa o troppo positiva dei genitori biologici, ricordando sempre la necessità di contestualizzare. La madre che lascia non è sempre “cattiva”.

Tutti noi dobbiamo fare i conti col passato

Di recente ho partecipato alla presentazione di un libro che parlava di un uomo, una figura controversa della Lessinia – le Prealpi Venete – durante la Resistenza Seconda Guerra Mondiale.

In sala c’era la nipote che ha espresso la sua difficoltà nel ripercorrere la storia di famiglia.

Ha dovuto fare i conti con un nonno scomodo, personaggio poco chiaro, che ha avuto ripercussioni pesanti sulla vita del padre della donna e sul loro rapporto padre e figlia.

Ci ho riconosciuto la fatica dei figli adottati che tante volte portano il peso degli errori e mancanze della famiglia di origine. E mi accorgo che non ci sono differenze: ognuno di noi deve fare i conti col suo passato per prendere le distanze da ciò che non gli appartiene.

Come ha detto la stessa nipote del personaggio controverso della Resistenza: “Conoscere il passato ci dà l’opportunità di reinterpretare il nostro presente. Ho iniziato cercando mio padre e ho finito per svestire i panni della nipote ed esser solo e semplicemente me stessa”.

L’incontro sul libro di Maria Grazia Calandrone

ItaliaAdozioni, con l’associazione ProsMedia, ha organizzato un incontro con genitori adottivi e figli e figlie adottate.

L’incontro si è tenuto nella biblioteca comunale di Mezzane di Sotto (Verona), con il patrocinio del Comune.

L’incontro di genitori e figli è stato basato sulle testimonianze dirette, raccolte in un gruppo di confronto, e illuminate dalla profonda indagine di Maria Grazia Calandrone in Dove non mi hai portata.

L’incontro ha offrerto spunti potentissimi che trascendono il solo ambito dell’adozione di minori.

Il messaggio più profondo e universale che emerge è che la costruzione di un’identità serena passa attraverso la riconciliazione con il proprio passato, anche quando questo passato è doloroso o lacunoso.

Non possiamo essere prigionieri della nostra versione dei fatti soggettiva, specie se la memoria infantile risulta sfuocata e frammentata.

Il processo di ricerca della verità, come quello meticoloso della scrittrice Calandrone, serve a contestualizzare il racconto storico e sociale.

Nel suo caso, ciò ha permesso di comprendere che l’abbandono non fu un atto di rifiuto, ma un atto d’amore estremo e lucido dettato da circostanze legali e sociali coercitive.

Solo attraverso questa comprensione profonda si rende possibile il perdono.

Il perdono diventa dunque un atto di libertà. Il perdono è l’elemento cruciale emerso anche nel laboratorio.

Non sempre esistono risposte valide, e per trovare la serenità bisogna accettare e perdonare i genitori biologici per aver fatto quello che hanno potuto. Raggiungere questo punto trasforma il trauma in un dono di vita.

Roberta Cellore

  • Roberta Cellore è la curatrice dei libri Cara Adozione (2016) e Cara Adozione 2 (2022) editi da ItaliaAdozioni. Puoi trovare i libri sul sito di ITALIAADOZIONI
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